domenica 9 novembre 2014

L’Agenda Digitale in italia? E’ stato come fare cherry picking!



 

Maurizio Cuzari è l'ideatore e AD della SIRMI S.p.A. Un'azienda che comprendere a fondo il Mercato italiano della Digital Technology, un osservatorio privilegiato quindi. Ed è per questo che voglio approfondire in questa intervista il tema dell'Agenda Digitale. Come sappiamo il termine stesso "Agenda Digitale" nasce formalmente in Gazzetta Ufficiale nell'autunno 2012 con il Decreto legge del 18 ottobre (n. 179), cioè il "Decreto crescita 2.0″. Quindi abbiamo una data formale, ma la materia sicuramente è, per così dire, più datata. L'argomento è sicuramente molto politico, ma qui non ci interessa la politica ma la sua visione: cos'è l'Agenda Digitale per Lei?

 

E' lo schema globale di una politica industriale del settore ICT allargato che permetta al Sistema Italia ed alle sue singole componenti essenziali di recuperare decenni di mancate scelte, o in qualche caso di scelte sbagliate o volute dalla commistione politica - finanza - capitalismo, per metterci in condizione di recuperare, in tempi accelerati e possibilmente brevi, il gap digitale che caratterizza l'Italia rispetto alle altre nazioni europee.
E' lo scenario complessivo, articolato nelle diverse aree di intervento, che metta in obbligo tutti gli aventi causa del processo di digitalizzazione del Paese, di recuperare rapidamente il tempo perduto.
Su queste basi, è ragionevolmente ininfluente che si articoli per area (IT, TLC, Consumer Electronics, Media Digitali) o per pactice (tecnologie hardware, reti, software infrastrutturale, software applicativo, servizi di sviluppo, servizi di gestione), o per funzione (rinnovamento dell'esistente, evoluzione, innovazione); è però fondamentale che preveda interventi non solo infrastrutturali, ma anche applicativi, non solo orientati alla Persona Digitale ma anche all'Organizzazione Digitale, e non solo al Privato o al Pubblico, ma ad entrambi in un grande equilibrio teso a far correre entrambi di pari passo.
E' lo strumento chiave per spingere decisamente, ed in qualche caso costringere (anche se non credo che l'Innovazione si possa basare solo sui decreti legge, che spesso non prevedono sanzioni per gli inadempienti), il Paese ad innovare.
Dalla proliferazione di Agende Digitali cui abbiamo assistito nel 2011, siamo arrivati ad un'unica Agenda Digitale del 2012; e dalle dichiarazioni di programma iniziali, solo alcune componenti, e non tutte inquadrabili in uno scenario lineare, sono state recepite nel Decreto crescita e nel Decreto sviluppo.
E' interessante il termine usato di recente dalla Politica: passare dall'Agenda all'agire.
Fatturazione Elettronica, Anagrafica della Popolazione Residente, identità Digitale, sono i tre pilastri, ad oggi, su cui si basa l'architettura digitale del nostro paese, bastano? Cosa Manca?

 

Dei tre pilastri, alla data ne mancano due. E manca tutto il resto. I tre pilastri in essere o in cantiere sembrano dettati dall'esigenza del Pubblico di razionalizzare, prima ancora che di innovare, ma le ricadute sulle Imprese potrebbero essere veramente modeste. Dalla banda ultralarga diffusiva alla rottamazione delle applicazioni obsolete, dai pagamenti elettronici alla omogeneizzazione dei servizi digitali resi dalle amministrazioni pubbliche che fanno formalmente le stesse cose ma le fanno in modo diverso e spesso non lo permettono di fare digitalmente, dalla scuola digitale al turismo digitale, mancano le vere misure implementative. Mancano ancora molte norme attuative dei Decreti crescita e sviluppo. E ancora, a proposito dei tre pilastri: è come se ancora una volta in Italia abbiamo deciso di essere più furbi del resto d'Europa e, invece che localizzare le linee guida dell'Agenda digitale europea, abbiamo pensato opportuno di fare cherry picking di qualcosa, pensando che al resto ci penserà qualcun altro, o addirittura si può aspettare...
Si dice che una "trasformazione digitale" del nostro paese porti molti vantaggi: crescita del PIL, nuovo posti di lavoro, ma allora perché questo non succede o, se succede, questa trasformazione è molto lenta?

 

I nuovi posti di lavoro sono certi, in termini di skill; ma i nuovi posti di lavoro sostituiscono in parte vecchi posti di lavoro, che diventano obsoleti. Il sistema Italia difende a spada tratta la presumibile comfort zone di molti e non recepisce ancora che la rottamazione ed il pensionamento dei vecchi è il migliore incentivo per la generazione di opportunità dei giovani. Cambiare, in Italia? Resistere, resistere, resistere... E di questo passo la trasformazione non è solo lenta, è soprattutto di forma e non di sostanza.

 

Un'ultima domanda, c'è un famoso detto: "non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, ma cosa tu puoi fare per il tuo Paese" ora le chiedo cosa il privato (le aziende), possa fare per un'Italia Digitale per renderla più efficiente e produttiva?

 

Il Privato fa già molto. Ad esempio, paga le tasse. Ad esempio, sottosta a normative inique e che spesso appaiono a prima vista studiate più per dare da fare a categorie non necessariamente produttive che non per sostenere l'innovazione. Il Privato fa i conti, verifica le disponibilità economiche, valuta il ritorno dell'investimento. Il Privato si arrabatta per supplire con tecnologie atipiche alla mancanza di efficaci infrastrutture nazionali o alla loro carenza. Il Privato occupa e paga risorse dedicate alla gestione della burocrazia. Il Privato subisce. IL Privato che se lo può permettere investe all'estero e marginalmente in Italia, quello che non può farlo per dimensioni di business limitate o tipologia di attività svolta, non investe; si limita a resistere. E' la recessione, baby...

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